Il termine “stroboscopia” deriva dal greco “strobos” (ruotare) e “skopeo” (osservare).
L’effetto stroboscopio, descritto per la prima volta da Plateau nel 1829, è rappresentato da un’illusione ottica dovuta all’inerzia propria della vista. Un’impressione luminosa che colpisce la retina, infatti, lascia un’immagine per un periodo di tempo pari a 0,2 secondi. Ne consegue che una sequenza di immagini, presentate ad intervalli di tempo inferiori a 0,2s, apparirà come un’immagine continua, dando l’illusione di movimento. E’, in altre parole, lo stesso principio per cui una pellicola fotografica è costituita da singole immagini (fotogrammi) che vengono presentati in numero di 24 o più al secondo, dando così l’illusione dell’animazione.
Sfruttando questo principio è possibile rendere apprezzabili all’occhio umano movimenti oscillatori o rotatori che si susseguono ad una velocità tale da non poter essere percepita.
I moderni laringostroboscopi sono caratterizzati dalla regolazione automatica della frequenza, che permette di sincronizzare lo strumento con la frequenza fondamentale della voce del paziente, prelevata mediante un microfono a contatto con la laringe. La regolazione della differenza di fase per l’effetto “slow motion” o per la fissazione nei vari momenti del ciclo vibratorio viene effettuata mediante un pedale multifunzione, azionato dall’operatore. Grazie ad esso è possibile far variare la differenza di fase tra la frequenza dei flash luminosi e quella di vibrazione cordale, ottenendo una variazione della velocità dell’immagine animata.
Il problema della stroboscopia è sempre stato rappresentato dal fatto che gli endoscopi rigidi a 90° e a 70°, introdotti per via orale, pur possedendo una buona risoluzione, sono spesso maltolleranti dal paziente e non consentono una valutazione degli organi fonoarticolatori in una situazione posturale fisiologica, né con produzione di un linguaggio articolato.
Per contro i fibroendoscopi flessibili permettono una valutazione in condizioni parafisiologiche, ma producono immagini di risoluzione non ottimale, essendo il grado di risoluzione stesso proporzionale al numero delle fibre ottiche ed alla distanza esistente tra esse.
In particolare la laringostroboscopia elettronica permette di analizzare nei dettagli svariate caratteristiche fisiologiche e patologiche della vibrazione glottica e consente di visualizzare nel dettaglio la progressione dell’onda mucosa.
Le corde vocali possiedono 2 tipi di movimenti: quello trasverso del corpo muscolare e quello verticale degli strati soprastanti, che è riferibile all’onda mucosa e che è indicativo dell’elasticità della corda vocale. La stroboscopia consente di osservare entrambi i movimenti.
Il ciclo vibratorio è costituito da una fase di apertura, a sua volta costituita da una fase di avvicinamento e da una di allontanamento delle corde vocali, già addotte, e da una fase di chiusura. Rappresentando su un grafico “tempo/superficie della rima glottica” una singola fase del ciclo s’ottiene un grafico caratteristico (Prytz modificato).
Laringostroboscopia, vibrazione cordale, vocalita’
Dal rapporto tra la durata temporale delle varie fasi s’individuano le modalità di vibrazione: normale, ipocinetica (in cui prevale la fase d’apertura) ed ipercinetica (in cui prevale la fase di chiusura). Da modalità di vibrazione ipercinetiche origina la cosiddetta “voce tesa” o, nel caso di tensioni muscolari tali da far intervenire nel ciclo vibratorio le false corde, la “voce pressata“. Al contrario da cicli vibratori ipocinetici origina una “voce soffiata“.
Naturalmente le fasi di chiusura e di apertura devono sempre essere riferite al livello di intensità, all’altezza tonale ed al registro con cui viene prodotta la voce, per evitare di interpretare come patologica un tipo di vibrazione che in realtà è fisiologico per quella modalità di produzione vocale (ad esempio, la vibrazione di tipo “marginale” nel registro di falsetto).
Nelle vocalità “pressate”, caratterizzate dalla simultanea vibrazione delle corde vocali e delle false corde, la videoendostroboscopia elettronica digitale ad alta risoluzione permette una chiara visualizzazione del rapporto tra vibrazione delle vere e delle false corde. Quando non vi sono relazioni lineari tra i due elementi vibranti, il suono di false corde assume le caratteristiche di un “rumore” aggiunto al suono laringeo, che va a produrre fenomeni di distorsione della voce. Vi sono, però, casi in cui la frequenza di vibrazione delle false corde assume una relazione ben precisa, rispetto alla frequenza fondamentale, generando un suono particolare, pressato, ma con caratteristiche armoniche ben precise, come nel canto Kargiraa tibetano.
I parametri da valutare durante la laringostroboscopia sono (Hirano M. – 1981):
qualità della chiusura glottica (completa, incompleta: ovalare, a triangolo posteriore o anteriore, a clessidra, con precontatti, con solcature) o ampiezza (durata rispettiva delle fasi d’apertura e di chiusura e loro ampiezza) o simmetria o periodicità (regolare, irregolare, inconsistente) o aspetto del bordo libero o progressione dell’onda mucosa
Qualità della chiusura glottica
Ampiezza glottica
Simmetria glottica
Periodicità glottica
L’aspetto del bordo libero delle corde vocali e le caratteristiche anatomiche della regione glottica sono ben apprezzabili in stroboscopia nella modalità “a immagine fissa”.
Lo studio della progressione dell’onda mucosa dalla faccia inferiore a quella superiore della corda vocale è uno dei momenti fondamentali per l’individuazione di zone di rigidità della mucosa causata da lesioni cordali, consentendo di affinare la diagnosi endoscopica. La stroboscopia permette, ad esempio, di porre diagnosi differenziale tra lesioni superficiali (noduli) e profonde (cisti), consentendo d’individuare l’impatto che tali neoformazioni hanno nell’ostacolare il ciclo vibratorio. Allo stesso modo aree eventualmente discheratosiche della mucosa, con ragionevole sospetto di precancerosi, sono decisamente più a rischio se vanno ad interferire con la vibrazione dell’onda mucosa (segno, questo, che la lesione non si confina alla mucosa stessa, ma che si estende agli strati sottostanti).
Le indicazioni all’effettuazione della laringostroboscopia possono riassumersi come segue (da Casolino et al):
- nella diagnosi differenziale tra lesioni laringee che presentano morfologia simile, come per esempio tra una cisti mucosa da ritenzione ed un nodulo: in questo caso la stroboscopia evidenzia la riduzione o l’arresto della vibrazione mucosa a livello della tumefazione o anche di tutta la corda, nel caso della cisti intracordale;
- nella corretta indicazione alla fonochirurgia, come ad esempio in presenza di noduli cordali ispessiti, in cui la stroboscopia permette di valutare l’entità dell’insufficienza glottica che si viene a creare per il pre-contatto tra i noduli, oppure fornendo indicazioni utili per quantificare “l’età” dei noduli stessi: quelli recenti sono soffici e scompaiono durante la fase di apertura, mentre quelli inveterati ed organizzati non scompaiono mai completamente;
- nel porre il sospetto dell’esistenza di una lesione che non è chiaramente evidente anche alla stroboscopia e che andrà ricercata in sede operatoria, come nel caso della monocordite, in cui una riduzione dell’ondulazione mucosa sulla faccia superiore della corda vocale fa sospettare la presenza di una cisti intracordale, o nel caso della glottide ovalare, in cui durante l’analisi della vibrazione glottica può evidenziare la presenza di un “sulcus” o di una “vergature”, nei quali l’aderenza della lesione al legamento vocale provoca l’arresto della progressione dell’onda mucosa;
- nell’indicare al chirurgo la zona precisa ove effettuare la cordotomia, come nel caso delle cicatrici cordali iatrogene in cui si cerchi di liberare la mucosa dall’adesione al legamento vocale;
- Nelle monoplegie laringee, in cui permette di valutare il grado di insufficienza di chiusura della vibrazione glottica e di orientare la diagnosi differenziale tra paralisi neurogene ed anchilosi crico-aritenoidea: nel primo caso infatti durante la vibrazione stroboscopica la corda è flaccida;
- Nel follow-up dopo interventi di fonochirurgia: in particolare dopo interventi di microchirurgia laringea permette di valutare il ripristino dell’ondulazione mucosa, mentre negli interventi di iniezione intracordale o di tiroplastica consente di valutare il miglioramento della competenza glottica;
- Nel follow-up di un trattamento logopedico;
- Nella voce cantata: tipo ed impostazione della voce, eventuali errori di malposizione laringea e del vocal tract, morfologia e dimensione delle corde vocali sono alcuni dati d’estremo interesse nella diagnosi delle disodie. Nei suoni “chiari”, caratterizzati da un timbro acuto, la laringe mantiene una posizione bassa, con aumento del lume faringeo. Nei suoni “scuri”, caratterizzati da un timbro grave, la laringe mantiene una posizione intermedia ed i muscoli costrittori fanno lievemente ridurre il lume faringeo.
L’ANALISI SPETTROACUSTICA DELLA VOCE
Le moderne strumentazioni dell’era digitale, consentono elaborazioni e analisi del segnale verbale in maniera rapida ed affidabile, offrendo nel contempo prodotti grafici e dati numerici di impareggiabile precisione.
Le principali analisi effettuate in ambulatorio foniatrico sono:
- L’esame spettrografico a finestra lunga e corta
- La determinazione della frequenza fondamentale (fo)
- L’ampiezza dell’emissione vocale
- L’andamento nel tempo ( curva intensità ed intonazione)
- L’estrazione di parametri numerici volti alla registrazione di perturbazioni del Periodo Fondamentale ( Jitter) e dell’Ampiezza (Shimmer)
- Lo studio del bilancio energetico spettrale (rapporto tra componente periodica ed aperiodica del segnale: Harmonic to Noise Ratio), della diplofonia ( semplice o multipla) e degli arresti momentanei della emissione vocale (break vocale)
- La fonetografia o esecuzione del fonetogramma, nata per lo studio della voce cantata, consente valutazioni del campo vocale anche in soggetti privi di “orecchio musicale”
Lo spettrografia.
Rappresenta le variazioni temporali del contenuto spettrale del segnale verbale.
Applicando a successioni di “finestre di analisi” la trasformata rapida di Fourier, si ottiene una serie di spettri di potenza o sezioni, che avanza nel tempo. Le informazioni di ciascuna sezione, rappresentata da frequenza e ampiezza di ogni armonica, sono riportate rispettivamente in ordinata ed in numero di pixel di ogni piccola porzione dello schermo, codificando l’intensità con diverse variazioni colorimetriche. Il tempo viene invece rappresentato sull’asse delle ascisse come evento spettrale delle successive finestre analizzate.
Lo spettrogramma è una rappresentazione grafica tridimensionale che, rispetto ad altre analisi, aggiunge il pregio della temporalità, non si tratta dunque di un’analisi statica bensi’ dinamica delle modificazioni nel tempo dell’emissione glottica e del filtro sovraglottico.
L’analisi spettrografica, in particolare quella a finestra lunga, rappresenta uno degli esami fondamentali nella valutazione delle disfonie, osservando:
- La presenza ed estensione frequenziale delle armoniche
- Il loro andamento nel tempo
- Le caratteristiche di attacco e di estinzione
- La presenza o meo di diplofonia
- La presenza di aperiodicità (noise o rumore) nelle diverse regioni spettrali, sostitutiva o meno della tessitura armonica
La presenza di rumore alle alte frequenze è messa in relazione con l’insufficiente tensione e adduzione cordale, con conseguente fuga d’aria fonatoria e sensazione percettiva di voce soffiata.
La componente aperiodica a bassa frequenza, frammista o sostitutiva delle armoniche, è dovuta alla vibrazione irregolare, per aumento dell’adduzione e della rigidità cordale.
Lo spettrogramma a finestra corta fornisce un maggior numero di informazioni sulle caratteristiche di risonanza del condotto vocale, con possibilita’ di ricavare notizie su come il soggetto utilizza il vocal tract.
L’utilizzo di questi parametri valutativi dello spettro vocale offre la possibilità di disporre di dati oggettivi in grado di caratterizzare una determinata disfunzione vocale.
In particolare permette di integrare quella soggettività insita non solo nella valutazione uditivo-percettiva della voce, ma anche nella stessa valutazione spettrografica. Infatti anche in quest’ultima l’interpretazione si basa prevalentemente su una impressione visiva che condiziona un giudizio ampiamente soggettivo.
La fonetografia.
Questa metodica valutativa elettroacustica della voce rappresenta graficamente e misura l’intensità minima massima di emissione vocale alle diverse frequenze, dalle più gravi alle più acute. Esprime dunque l’estensione del campo vocale del soggetto.
In ascissa abbiamo la frequenza, in ordinata l’intensità.
Il grafico risultante o fonetogramma è essenzialmente costituito da due linee: la “curva dei piani” che esprime l’estensione vocale alle più deboli intensità, e la “curva dei forti” che indica l’estensione alle intensità elevate.
Il range tonale nei soggetti normali è di almeno due ottave ( 24 note successive o “semitoni”); esso può aumentare sino a tre ottave nei cantanti professionisti e può ridursi a pochi semitoni in caso di patologia laringea.
La dinamica dell’intensità è massima nelle note centrali dell’estensione vocale e si riduce progressivamente sia verso le note acute che verso i gravi.
I parametri valutativi importanti in fonetografia sono:
- Il range in semitoni
- La massima frequenza
- La minima intensità
- La riduzione di dinamica in intensità che si puà osservare nel “passaggio di registro”
La fonetografia ha notevole importanza nella classificazione della voce cantata e nella diagnosi delle disodie, ma attualmente risulta avere una sempre maggior applicabilità nella diagnosi e nel follow up delle disfonie.